Sponge City, letteralmente “città spugna”: si definisce così un sistema di drenaggio urbano, in grado di assorbire e trattenere l’acqua in eccesso, per poi riutilizzarla nei momenti di bisogno. Un approccio innovativo, pensato per contrastare i nubifragi e le bombe d’acqua che sempre più frequentemente colpiscono il territorio, causando allagamenti e alluvioni.
La prospettiva più ampia, in cui si inserisce questa idea, è quella di costruire città circolari e salubri, come racconta anche il distretto Circular&Healthy City di Ecomondo, l’evento internazionale dedicato all’economia circolare, che si terrà al Quartiere Fieristico di Rimini dal 4 al 7 novembre 2025. In quest’area, grazie alla presenza di aziende espositrici e a uno spazio convegni dedicato, si potrà scoprire come ripensare l’edilizia e la pianificazione urbana, anche attraverso tecnologie intelligenti, per migliorare la salute ambientale e collettiva, valorizzare le risorse ed efficientare il loro riciclo.
Come funzionano le “città spugna”
Il concetto di città spugna si basa su quello di Nature Based Solutions, soluzioni che si ispirano alla natura per risolvere i problemi: nel caso delle sponge city si riducono le inondazioni, si conserva l’acqua piovana per i periodi di siccità (anziché incanalarla e drenarla in fognatura) e si diminuisce l’inquinamento idrico.
In concreto, i materiali impermeabili, come l’asfalto, vengono sostituiti da superfici spugnose e porose, capaci di favorire il deflusso e allo stesso tempo mitigare l’effetto “isola di calore”, ovvero quel fenomeno che determina un microclima più caldo all’interno delle aree urbane rispetto alle zone periferiche e rurali circostanti. Altri elementi? Aree di bioritenzione, trincee infiltranti e drenanti, box alberati, bacini di detenzione, zone umide, sistemi di infiltrazione profonda e serbatoi di accumulo o cisterne.
Il padre delle città spugna: Kongjian Yu
La città spugna è un’idea che ha iniziato a diffondersi in Europa in tempi relativamente recenti per favorire la riqualificazione del territorio non solo sotto il profilo ambientale, ma anche urbanistico e sociale, rendendo così le città più attraenti per chi le vive e più resilienti di fronte ai rischi idraulici e idrogeologici.
A sviluppare il concetto di sponge city è stato in particolare Kongjian Yu, professore presso il College of Architecture and Landscape dell’Università di Pechino, fondatore dello studio Turenscape, pioniere di architettura del paesaggio e urbanistica in Cina. Come racconta in un’intervista a Materia Rinnovabile, fu lui già nel 2003 a proporre questo approccio al governo cinese, che poi lo ha adottato come politica nazionale nel 2013. Da allora Pechino ha investito molto su questo modello, anche se non tutte le città lo hanno implementato efficacemente, tanto che alcune aree urbane, pur essendo classificate come “città spugna”, hanno continuato a subire inondazioni, soprattutto durante eventi meteorologici estremi.
Tuttavia, esistono anche esempi virtuosi: Sanya, Haikou e Pechino negli ultimi anni hanno resistito meglio alle piogge intense grazie ai miglioramenti apportati alle loro infrastrutture, riportando danni molto più ridotti rispetto alle devastanti alluvioni del 2012.
Haikou Meishe River Greenway and Fengxiang Park, un progetto dello studio Turenscape
Verso un “pianeta spugna”
La sfida non riguarda solo le singole città, ma il sistema idrico globale, fino all’ipotesi di un vero e proprio “pianeta spugna”, che possa affrontare in modo significativo le future sfide del cambiamento climatico. “La creazione di città spugna in diverse aree del Pianeta, anche in regioni come l’Amazzonia, potrebbe aiutare a mitigare le sfide affrontate da città costiere come New York e Boston: è importante ricordare che i sistemi idrici globali sono interconnessi”, spiega Kongjian Yu.
Il concetto sta guadagnando slancio su scala globale: il suo studio annovera progetti realizzati o in fase di avvio a Bangkok (Benjakitti Forest Park), Kazan, Parigi, Abu Dhabi, Città del Messico, oltre a dimostrazioni di interesse arrivate da India e Brasile.
Anche in Europa ci sono casi emblematici, in primis Rotterdam: qui la Climate Change Adaptation Strategy mira a restituire spazio all’acqua in una città che, nel corso del tempo, ha sostituito i canali con strade e automobili. Copenaghen ha a sua volta avviato un programma ventennale di prevenzione delle inondazioni e gestione sostenibile delle risorse idriche, che prevede, tra le varie iniziative, un bacino per la raccolta delle piogge. Anche Barcellona si muove da tempo in questa direzione, grazie a un enorme sistema sotterraneo di raccolta delle acque meteoriche, a cui si affianca un sistema di telecontrollo che prevede diverse stazioni di pompaggio, pluviometri, sensori e chiuse.
Anche Milano diventa spugna
Anche in Italia si muove qualcosa, in particolare il progetto Città Metropolitana Spugna, che coinvolge il capoluogo lombardo e i comuni limitrofi con 90 interventi di riqualificazione. Promosso da Gruppo CAP e Città Metropolitana di Milano, e co-finanziato dal PNRR con 50 milioni di euro, il piano ha già avviato 32 cantieri.
Gli obiettivi sono ambiziosi: 300.000 m² di nuove superfici verdi, 2.000 alberi e 32.000 arbusti piantati, oltre a un risparmio energetico annuo stimato in 126.000 kWh. Come sottolinea Yuri Santagostino, presidente di Gruppo CAP, è il momento di passare “da un approccio riparativo a uno preventivo” nella gestione del servizio idrico e non solo, investendo in infrastrutture capaci di assorbire gli impatti prima che accadano.
Un articolo scritto da Emanuele Bompan e Maria Carla Rota
Questo blog è un progetto editoriale sviluppato da Ecomondo con Materia Rinnovabile
PUBBLICAZIONE
23/06/2025